
Quando una famiglia si trova ad affrontare una separazione tante sono le domande che posso nascere, specialmente legate alla modalità attraverso le quali formalizzare la scelta e organizzare i vari aspetti.
Oltre all’assistenza legale, necessaria soprattutto per il primo profilo, ci sono altri strumenti a cui la coppia genitoriale può ricorrere e che permettono di costruire degli accordi su misura per quella specifica famiglia.
La stanza della mediazione è uno di questi, proprio perchè dà modo alla famiglia di andare molto più a fondo nella ricerca di un accordo sostenibile per tutte le parti, portando ad una definizione personalizzata delle condizioni non solo sotto l’aspetto economico ma anche emotivo e organizzativo.
Si dovrebbe cominciare a guardare alla relazione tra stanza della mediazione ed aula di tribunale in un ottica e-e e non o-o, anche alla luce delle recenti riforme giudiziarie che per la prima volta codificano la mediazione familiare, perché solo così è possibile creare una rete professionale di supporto attorno al nucleo.
Infatti, anche in una separazione giudizialmente definita come consensuale, se manca un adeguato accompagnamento, si potrebbe giungere ad una riorganizzazione delle relazioni familiari solo apparente e non emotivamente elaborata, con la conseguenza che gli accordi presi difficilmente saranno tenuti nel tempo.
E certo non possiamo tralasciare il fatto che nelle dinamiche familiari sono coinvolti anche e soprattutto i figli, i cui bisogni sono spesso offuscati dalle prese di posizione degli adulti.
Nell’ordinamento giuridico si parla di “audizione del minore” con riferimento al coinvolgimento dei figli nelle procedure che li riguardano, nel tentativo di ricostruire il loro bisogno primario e di guidare il giudice nella decisione; per questo i legislatori, nazionali ed internazionali, si muovono sempre più in questa direzione sancendo un vero e proprio diritto del minore all’espressione del proprio pensiero. Ma le aule di Tribunale sono realmente adeguate per evitare possibili condizionamenti e sollevare il minore dalla dinamica conflittuale?
Entrando invece nella stanza della mediazione si può respirare un setting capace di mutare continuamente la sua forma per rispondere alle richieste e alle evoluzioni della famiglia e dei conflitti che deve contenere. Una stanza in cui l’iter si struttura secondo le esigenze della famiglia e dove sono i genitori a costruire l’accordo più adeguato per rispondere ai bisogni di tutti i partecipanti, con uno sguardo particolarmente attento ai figli.
Tutto ciò è reso possibile attraverso un percorso capace di spostare (o almeno di provarci) i coniugi delle posizioni che assumono agli interessi che vogliono tutelare come genitori, lavorando spesso su un piano di ascolto interiore ed emotivo e oltrepassando il dolore dovuto alla trasformazione della relazione coniugale.
La stanza della mediazione offre inoltre la possibilità di ospitare il figlio in un contesto pensato ed adeguato alle sue specificità e permette di sperimentare concretamente le dinamiche relazionali della famiglia, così da intraprendere un progetto di riattivazione delle competenze genitoriali che sia idoneo ed efficace proprio perché parte dalla loro realtà specifica.
La potenzialità del metodo proposto non attiene solo al raggiungimento dell’interesse del minore ma alla possibilità di ricostruire un legame genitoriale capace di continuare ad evolversi anche oltre la stanza della mediazione per poter seguire l’evoluzione e i cambiamenti richiesti dalla crescita dei figli; la famiglia può così prendere consapevolezza dell’esistenza di un dopo la separazione, di una dimensione che permane e dove si continua ad essere genitori insieme.
L’elasticità va però bilanciata con la presenza di confini ben definiti che offre e deve offrire la stanza della mediazione, nella consapevolezza che le situazioni di conflitto necessitano di essere contenute per poter essere indirizzate in modo evolutivo. Il mediatore assume le vesti di guida rispetto al pezzo di strada che percorre con la famiglia, senza dare una direzione imposta ma aiutando la coppia genitoriale a riattivare le proprie risorse per mantenere lo sguardo sui figli e continuare, anche oltre la mediazione, a mettere in atto modalità di dialogo evolutive.
Calvino scriveva “Le vite degli individui della specie umana formano un intreccio continuo, in cui ogni tentativo di isolare un pezzo di vissuto che abbia un senso separatamente dal resto
– (…) deve tener conto che ciascuno porta con sé un tessuto di fatti, ambienti ed altre persone che dall’incontro deriveranno a loro volta altre storie che si separeranno dalla storia comune” e proprio qui si annidano i presupposti di quella rete professionale necessaria tra avvocato e mediatore: l’uno in grado di tutelare gli interessi delle parti e garantire l’assistenza utile alla formalizzazione degli accordi, l’altro che conosce e indaga la storia delle persone e della coppia per poter attivare le risorse presenti e costruire con le persone un metodo che poi possano continuare ad allenare anche oltre la stanza.

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